mercoledì 11 novembre 2009

Sete di giustizia

Il governo si sta accingendo ad approvare la riforma della giustizia. Non si sa ancora se ci sarà o meno una piccola amnistia per salvare il premier oppure un articoletto, di matrice “Ghediniana”, che faccia cadere tutto in prescrizione, siamo tutti in trepida attesa. I cittadini sono divisi sulla colpevolezza o no del Presidente, a seconda della collocazione politica, ma probabilmente sono concordi sulla lentezza dei procedimenti giudiziari che rappresentano un ostacolo alla nostra economia e allo sviluppo del paese. Gli imprenditori esteri, con una giustizia senza una certezza della pena, tentennano ad investire in Italia, preferendo paesi dove l’iter giudiziario è più equo, rapido ed efficiente. Le piccole imprese, gli artigiani e i liberi professionisti che devono ricevere denaro da privati, per un servizio dato, sanno bene che, nel momento in cui il cliente non adempisse ai suoi obblighi di pagamento, un’eventuale causa potrebbe risultare assolutamente inutile e onerosa, visti i tempi e la complessità della giustizia. Le domande, su cui forse dovremmo riflettere sono: come mai, in tutti questi anni, un settore così importante del nostro ordinamento è stato abbandonato da tutte le forze politiche che si sono succedute; come mai i finanziamenti, la tanto sbandierata informatizzazione e l’assunzione di personale non sono mai stati realizzati? Queste domande sarebbe giusto porle a chi ha avuto la possibilità di riformare e cambiare, coloro che hanno avuto incarichi importanti e che hanno operato nel sistema giudiziario con ruoli di primo piano. Vediamo, senza andare troppo indietro nel tempo, chi sono stati i nostri Ministri della Giustizia. A partire dal 1999, si sono succeduti: Oliviero Diliberto e Piero Fassino (un anno ciascuno), Roberto Castelli (5 anni) e Clemente Mastella (due anni). L’attuale ministro si chiama Angelino Alfano ed è in carica da quasi 2 anni. Sono Onorevoli che, fino ad oggi, non hanno pagato per quello che avrebbero dovuto fare e non hanno fatto, sono sempre lì in quanto parte di un sistema che li preserva e garantisce a prescindere. Il rischio di essere licenziato, come un comune cittadino quando ha fatto male il proprio lavoro, per loro non esiste affatto.
Un aiuto, per comprendere il perché di questa inefficienza dell’operato dei nostri politici, ci viene fornito dalle parole del Procuratore aggiunto della Repubblica, presso il Tribunale di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. Gratteri è uno dei tanti Magistrati della DIA, che vive sotto scorta da più di 20 anni, in quanto impegnato in prima linea contro la 'ndrangheta, una delle più potenti organizzazioni criminali mondiali. Ecco cosa risponde il Magistrato, alla domanda di Fabio Fazio sul funzionamento della giustizia e sulle affermazioni di quest’estate del Presidente del Consiglio che ha dichiarato di voler passare alla storia come il primo Premier che sconfiggerà la mafia. Gratteri si esprime così: “ quello che non vuole il politico sia di destra che di sinistra è un sistema giudiziario forte e una scuola che funzioni perché, un sistema giudiziario forte, significa poter controllare il manovratore e una scuola efficiente significa partorire delle teste pensanti che difficilmente accettano determinate situazioni”. A proposito del DDL sulle intercettazioni telefoniche, ritiene che sé sarà approvato, farà sprofondare la giustizia in un abisso. Infatti, quando si inizia un’indagine, è molto difficile partire da un reato grave ma è molto più probabile che si inizi ad indagare partendo da un reato minore che poi può rivelarne un altro più importante. Con questa riforma non sarà più possibile poiché il Pubblico Ministero potrà chiedere di intercettare solo in presenza di gravi indizi di colpevolezza. Interessante risulta anche la riflessione del Magistrato sui famigerati costi delle intercettazioni, forse non tutti sanno che il controllo di un telefono, di un indiziato, che permette di controllare anche tutti i suoi spostamenti, costa allo Stato soli 12 euro più Iva al giorno e permette di risparmiare spese per pedinamenti, missioni e trasferimenti di agenti, costi per le autovetture, l’alloggio etc… Se il problema sono le fughe di notizie, i sistemi per ovviare a questo increscioso disservizio sono semplici e facilmente risolvibili, basta mettere, ad una delle 50 linee che oggi un computer riesce a gestire, una password che ne rileva la memoria storica e quindi la traccia per risalire e scoprire “l’infido” che ha causato la fuga di notizie.
Dopo aver ascoltato le parole del Procuratore, uomo, che ha immolato la propria vita e la propria libertà alla causa della legalità, risulta sempre più difficile per noi cittadini capire la reale posizione dell’attuale governo, in tema di giustizia. Come valutare infatti, da un lato le affermazioni del Ministro degli Interni Maroni il quale più volte ha raccontato le grandi vittorie che si stanno ottenendo nei confronti della mafia e dall’altra la maggior parte dei Magistrati che denunciano a gran voce la pericolosità di alcune norme, che renderebbero vani anni e anni di fatiche e battaglie contro la criminalità organizzata.
Sarà anche vero quello che dice il nostro Ministro dell’Interno ma è difficile, per un cittadino pensante, capire perché non si ascolti il parere dei Magistrati quando affermano che lo scudo fiscale porterà denaro sporco di sangue, che il DDL sulle intercettazioni rallenterà i processi per mafia e che i finanziamenti alle forze dell’ordine sono indispensabili per avviare indagini e trovare indizi di colpevolezza, contro i malavitosi, molto di più che i finanziamenti alle ronde politicizzate.
Propagandarsi paladini della giustizia, da un lato, e ostacolare di fatto il lavoro di magistratura e forze dell’ordine, dall’altro, ecco dove sta il grande inganno, ecco quello che si sta tentando di fare, cercando di carpire la buona fede di milioni di elettori che si sono affidati, con il loro voto, alle attuali forze politiche di governo. Sta a noi cittadini, tutti, il dovere morale di mantenere alta l’attenzione su questi temi, cercando di valutare criticamente l’operato dei nostri governanti eletti sulla base di specifici e precisi programmi che ogni cittadino ha il diritto di vedere realizzati o anche solo minimamente perseguiti o, per lo meno, non sovvertiti.



10.11.2009 Arcugnano
Antonio Bellofiore