giovedì 1 aprile 2010

Elezioni regionali: il Veneto, la Lega e la Sinistra

A distanza ravvicinata dalle elezioni regionali, sembra utile cercare di interpretare alcuni numeri, voti e consensi.
La maggioranza degli elettori del centrosinistra vicentino sceglie per Venezia due candidati del PD, il decano Giuseppe Berlato Sella e il ben più giovane Stefano Fracasso, due ex sindaci di altrettante città importanti della nostra Provincia. Per quanto riguarda Fracasso, la notizia riempie di gioia chi scrive e, suppongo, chi conosce la storia politica di Stefano, giovane e preparato politico di Arzignano, nonché ex sindaco della città della Valle del Chiampo: è stato votato ad Arcugnano con ben 87 preferenze!

Non possiamo sottrarci ad alcune considerazioni amare, nessun candidato vicentino alla sinistra del PD è riuscito ad entrare nel Consiglio regionale veneto. Partendo anche da questo vuoto a Sinistra è forse il caso di fermarsi a riflettere per cercare di capire quali sono le aspettative dei veneti, se è vero che oggi è ancor di più una regione razzista, egoista e sazia della propria ricchezza nonostante la crisi, sazietà che spesso viene confusa con identità, un colpo padana, un altro colpo serenissima.

Ma quante sono le identità venete? Ciò che sembra pesare di più è il raggiro retorico del leghismo -di lotta e di governo- che fa campagna elettorale contro un governo di sinistra che non c'è più. E' forse in questo raggiro di ciàcole che si è riconosciuta la maggioranza dei veneti? Per quanto riguarda il Veneto, contro chi e contro cosa si è scagliato Zaia? Contro Galan? Molti di noi non l'hanno capito, perché al di là di un fantomatico autonomismo fiscale (non è federalismo quello di cui va parlando Zaia in queste ore! Attenzione alle sue parole) e di allineamenti con il romanissimo Vaticano, permettete il gioco di specchi, non ha prospettato nulla. Anzi, ha nicchiato sul nucleare (il cui sito veneto è già previsto nei dintorni di Chioggia...), ha nicchiato sulle quote degli immigrati, ha mentito sui romeni, i quali, piaccia o meno a lor signori, oggi sono comunitari, e Flavio Tosi ne sa qualcosa.... Se il modello di integrazione è quello trevigiano siamo di fronte allo schizoide "denigrali e 'scondili - controllali ma falli sembrare incontrollabili", mirante a un'ipocrita pace sociale creata nel silenzio di questi ultimi, in cui contro gli immigrati viene sbandierata una (impossibile) cacciata dal Veneto, territorio che servono occupando i posti di lavoro più umili e faticosi, sempre silenziosamente, in una sorta di "tasi e tira" che i veneti oggi così lamentosi hanno dimenticando abbracciando un chiacchiericcio indegno di una cultura del fare, tanto sbandierata come valore assoluto. Questa sembra essere l'ipocrisia che oggi guida il povero leone alato di San Marco scippato alla storia da un manipolo di populisti ululanti alla luna.

Questi pseudo argomenti sulle tasse, sull'immigrazione da tirar fuori quale spauracchio a orologeria, sul "prima i veneti" (prima di chi? dei romagnoli, dei napoletani, dei romeni, degli austriaci residenti? In quanto residenti molti immigrati hanno diritti come noi, veneti di nascita... mah!) hanno guadagnato la credibilità di una popolazione stanca, disinformata e hanno decretato il trionfo leghista nel Veneto, fino alla presidenza tanto auspicata dall'ala trevigiana del partito, la più caratteristica sezione leghista regionale, la più naif, la più urlatrice, ma la più furba e organizzata, che con una mano toglie e con l'altra in segreto dà per non crearsi in casa conflitti sociali ed essere tacciati di contraddizione tra dire e fare. Insomma: le badanti straniere servono anche agli elettori leghisti.

Un'ultima considerazione riguarda la scelta del candidato del Centrosinistra: se c'è una regione in Italia nella quale mettere in piedi le primarie, questa è il Veneto, proprio per la sua preoccupante politica plebiscitaria e la sua impermeabilità sociale, sempre più spessa e dura. Dunque, leccandoci le ferite dobbiamo prepararci ad affrontare con i nostri mezzi i cinque anni leghisti che ci attendono.

Auguriamo buon lavoro a Stefano e a Giuseppe, che sappiano rappresentarci al meglio, che siano fautori di unità a sinistra, che facciano tornare la politica della solidarietà e dell'integrazione al centro della scena. Questi valori rappresentano l'unico rimedio (già sperimentato con successo) per mettere assieme una regione sempre più disgregata, dove il campanile della frazione è più importante del comune di residenza, e vale più di una unità regionale o macroregionale padana, frutto di un comodo ibrido che non rappresenta, a ben vedere, nessuna unità. Nemmeno quella linguistica, o meglio dialettale, anche se questo può indispettire qualche cultore della "lengua veneta". Appunto: ma qual è il migliore, il più rappresentativo, dei trenta e più diversi dialetti che costituiscono il sottobosco linguistico veneto? Da qui si potrebbe preparare la prossima discriminazione fino all'annullamento atomico: solo il comune xyz ha diritto di definirsi veneto. Arriveremo a questo?

Fra qualche tempo torneremo a vedere sconsolati o inorriditi le diverse tifoserie venete assieparsi sugli spalti degli stadi e scannarsi in derby calcistici che perpetuano il sacro rito dell'odio tribale. Dei, corajo.

Denis Lotti, Arcugnano.

1 commento:

  1. Bello mi piace, analisi accurata e lucida ma non priva di un tocco di vera passione politica.
    Ora ricominciamo tutti insieme!

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